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È il 22 marzo 1921. Davanti alle Piramidi d'Egitto tre turisti occidentali posano per una foto a dorso di un cammello. I primi due sono gli inglesi più famosi del XX secolo: il ministro delle Colonie, Winston Churchill, e lo scrittore paladino del nazionalismo arabo, Thomas Edward Lawrence. Il terzo è l'archeologa, poetessa, linguista e maggiore dell'esercito Gertrude Bell. Chi è quella donna così influente e talentuosa da essere paragonata a Elisabetta I? E perché ha scelto di "competere a condizioni maschili nel mondo maschile" delle imprese eroiche mediorientali di inizio Novecento? Dopo la laurea in Storia a Oxford, Gertrude rinuncia agli agi della vita in una delle famiglie più ricche d'Inghilterra e parte a esplorare i territori dell'Impero Ottomano. Ci vuole poco a capire di che pasta è fatta. Per prima cosa dice sempre quello che pensa e poi ha un'inesauribile sete di conoscenza e di giustizia, e detesta sentirsi vincolata a un unico luogo. Naturale, perciò, che l'ingresso nel controspionaggio inglese e la richiesta di Churchill di far parte del gruppo di "orientalisti" che traccerà il nuovo assetto del Medio Oriente, per lei non sia ancora abbastanza. Gertrude vuole afferrare le complesse contraddizioni di quella terra assolata. Parte alla volta della Palestina, visita la Turchia e la Grande Siria, finché, nel 1917, l'esercito britannico le ordina di stabilirsi a Baghdad nelle vesti di "segretaria orientale", dove rimane dieci anni, fino alla notte in cui morirà per un'overdose di farmaci...